“The show must go on”, cantava Freddie Mercury nel 1991. Perché la musica dal vivo, quella dei grandi gruppi, è uno spettacolo, uno show, un grosso carrozzone nel quale (come in ogni grande spettacolo che si rispetti) tutto deve procede secondo quanto prestabilito. E se qualcosa, per caso, non dovesse funzionare come previsto, è indispensabile continuare come se nulla fosse.
(Mi è venuta in mente una cosa. Sapete cosa mi fa incazzare? le tribute band. Cioè, non in generale: mi riferisco a quelle che si vestono come la band originale, fanno le mossette come la band originale, e nel dubbio si tromberebbero le mogli della band originale. Voglio dire: che una band faccia un tributo, che ne so, ai Queen, ci può stare. Che si concino come Freddie Mercury in alcune occasioni, un po’ meno; che però ci vogliano far credere che il cantante si chiama Ferdinando Mercurio mi pare un tantino esagerato. Cioè, magari ha origini tunisine e si chiama Taoufik Saadhi Bin Laden El Alamein Hussein. E allora ditelo, cazzo. Magari trovate un diminutivo, però ditelo: non pigliateci per i fondelli, orsù).
Comunque the show must go on, si diceva, e questo ragazzino cerca di mettere in pratica il motto (sebbene con estrema fatica). God of the week!